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martedì 22 novembre 2011

Italia-programmi. Aduc chiede il sequestro penale del sito

La vicenda Italia programmi sta per chiudersi, almeno per quanto concerne l'attività dell'Antitrust che ha pubblicato sul sito
istituzionale una una nota in cui comunica che il
provvedimento finale e' atteso per febbraio 2012.


Per bloccare quest'attività e' necessario un intervento decisivo della magistratura penale che operi un sequestro preventivo del sito
italia-programmi.net. Solo cosi' sara' possibile interrompere l'attività illecita. Benché' infatti risulti ad oggi aperto un fascicolo penale innanzi
alla procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ad oggi il sito e' in funzione e continua a mietere vittime. Per questo motivo Aduc ha presentato alla Procura di Roma una integrazione dell'esposto AGCM in cui fornisce ulteriori spunti di indagine e chiede il sequestro del sito, oltre ad una denuncia querela presentata direttamente alla Procura della Repubblica di Firenze per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, alla frode informatica, alla estorsione. 
Il sequestro penale e' infatti l'unico strumento nell'immediato idoneo ad interrompere la prosecuzione del reato. Si e' visto come i poteri esercitati ed esercitabili dall'Antitrust non siano sufficienti ad interrompere il fenomeno, cosi' come si e' visto che chi gestisce il sito ha, negli ultimi tre mesi, perfezionato le tecniche per raggiungere un numero di persone sempre maggiore.
Dalle segnalazioni che ci pervengono dagli utenti Aduc che si sono rivolti alle varie sedi della polizia postale, il problema pare essere pero' spesso sottovalutato, e gli utenti si sentono rispondere di rivolgersi all'Antitrust o alle associazioni di consumatori perche' la vicenda non ha rilievo penale ma solo civile, in quanto “problema contrattuale”.
A nostro avviso non e' cosi' e spetta alla magistratura penale –che ha strumenti investigativi ben più efficaci di quelli in possesso dell'Aduc o dell'Antitrust– indagare sulla vicenda e valutare la sussistenza di profili penalistici.
Consigliamo dunque a chi fosse incappato nella registrazione al sito di italia-programmi di seguire i nostri consigli e di sporgere querela presso la Procura della Repubblica competente per il proprio luogo di residenza.
Qui il testo e gli allegati da presentare..

Modulo di esposto/querela da riempire con i propri dati e adattare al proprio caso, da presentare alla Procura della Repubblica competente
per il proprio luogo di residenza.



Stampare e allegare all'esposto i seguenti documenti:
A) Mail ricevuta con credenziali di accesso;
B) Sollecito di pagamento;
C) Ulteriori solleciti ricevuti








lunedì 21 novembre 2011

RAI. ESPOSTO-DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI PER MANCANZA DI TRASPARENZA E DANNO ERARIALE



Comunicato di Pietro Yates Moretti, consigliere Aduc
12 marzo 2008

Oggi abbiamo inviato alla Procura Generale e alla Procura Regionale del Piemonte della Corte dei Conti un esposto-denuncia per la mancata pubblicazione sul sito web della Rai dei nomi e relativi importi percepiti dai consulenti e professionisti esterni. (1) Da oltre un anno infatti sul sito apposito predisposto dalla Rai per la pubblicazione di questi dati (clicca qui) appare la scritta "Lavori in corso".

Per legge, la mancata pubblicazione degli estremi dei contratti di consulenza comporta l'illegittimita' dei relativi pagamenti:
"Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi puo' ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione o del soggetto interessato, nonche' comunicato al Governo e al Parlamento" (art. 3, comma 44 della legge 244/2007).
Sempre secondo la legge, in caso di violazione, la Rai e gli stessi consulenti sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare della somma illegittimamente erogata.
Da un'intervista del 25 febbraio 2008 alla trasmissione "Viva Voce" su Radio24 di Nino Rizzo Nervo, membro del Consiglio di Amministrazione Rai, si evince che l'azienda pubblica ha chiaramente violato la legge. Alla domanda del conduttore della trasmissione sulla mancata pubblicazione degli incarichi di consulenza, Rizzo Nievo ha risposto: "Lei mi da' una notizia che non conoscevo, io credevo che avesse gia' messo... francamente non lo sapevo, mi trovo impreparato, posso informarmi...". (2)



Questa e' la televisione pubblica di Stato! Il problema non si porrebbe se fosse stato rispettato quanto richiesto dagli italiani con un referendum, la privatizzazione. Fintanto che la Rai e' un soggetto pubblico si deve comportare come tale, rispettando quelle leggi che oggi invece viola con sprezzante disinvoltura.

Note:
(1) Testo integrale dell'esposto-denuncia: clicca qui(2) Ascolta l'intervista: clicca qui

ADUC.

Ad oggi le cose NON sono cambiate!!!!





RAI - Le imposte piu' odiate... il solito canone Rai. Paese reale e Paese legale








Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio su quelle che sono le imposte piu' odiate dai contribuenti italiani, la conferma arriva dalla ricerca Censis-Commercialisti: il 47,3% del campione della ricerca demoscopica odia il cosiddetto canone Rai!!
Odia!! Una parola pesante che abitualmente e' contrapposta ad “Amore” ma, nel settore “gradimento delle imposte”, crediamo che quest'ultima espressione di sentimento difficilmente potra' essere affiancata a qualche emolumento. Le imposte sono malviste da quasi tutti i contribuenti, soprattutto quando se ne percepisce il cattivo uso o non si e' informati sul reale uso. Sentimento che porta tutti gli italiani -alzi la mano chi e' esente- ad essere evasori fiscali.
Nel caso del canone Rai c'e' piu' di un'aggravante. Una sorta di cupola mafiosa in cui tutti i partiti sono seduti a banchettare, con l'eccezione di Radicali e qualche 'cane sciolto' a destra e sinistra dei cosiddetti schieramenti parlamentari. Poi ci sono gli ipocriti -Leganord soprattutto- che sostengono di fare campagne abolizioniste, ma sono finte e parlano male del canone solo quando la Rai non sta facendo il loro gioco. Eclatante, a piu' riprese, il premier Silvio Berlusconi che, spalleggiato dai propri media, ha alluso all'opportunita' di non pagare questa imposta perche' la Rai aveva parlato male di lui. Insomma, un “magna magna” in cui c'e' posto per tutti e il contrario di questi tutti.
Poi ci sono le istituzioni non parlamentari, come Corte Costituzionale e varie Autorita' di controllo che, con dotte dissertazioni giuridiche, ogni volta che viene loro posto il problema, con una faccia di tolla che non c'e' confronto nella storia planetaria, ci dicono: “va bene che si chiami canone o abbonamento anche se e' un'imposta, tanto ormai tutti la conoscono con quel nome...”. E' come se un giudice -e senza esagerare da parte nostra- condannasse un reo all'ergastolo e poi lo giustiziasse a morte dicendo “tanto ormai tutti sanno che la pena di morte in Itala non e' prevista”.
Risultato? Il 47,3% che odia questa tassa? “E chi se ne frega” continua a dire il legislatore, tanto quelli che continuano a votare poi lo fanno comunque per quei partiti che mantengono questo sistema ipocrita.
Finisce qui e tutto come prima? Purtroppo no! I risultati a lunga gettata sono:
- maggiori evasori di questa imposta;
- maggiori spese dello Stato per scovarli;
- maggiore illegalita' dello Stato per scovarli: un funzionario medio della Rai addetto alla bisogna e' altrettanto mediamente un “birbone” che appone firme false su dichiarazioni di contribuenti che dicono di possedere un apparecchio tv, cosi' come sono altrettanto “birboni” sono i suoi colleghi in ufficio che mandano ingiunzioni di pagamento a chi e' “colpevole” di avere una nuova residenza... da cui loro presumono che il televisore non puoi non averlo...;
- maggiore evasione fiscale anche non-Rai: il cattivo esempio non giova al rispetto della legge;
- maggiori spese dello Stato contro l'evasione fiscale in generale;
- maggiore disaffezione dei cittadini verso le istituzioni in generale.
Continuiamo a farci male....
ADUC

domenica 20 novembre 2011

Come rispondere alle Società di Recupero Crediti.

Come rispondere alle ingiunzioni di pagamento delle società recupero crediti.

Fate sempre molta attenzione a quanto vado citando, dal momento che non tutti sanno gli stratagemmi che costoro utilizzano.

Le operazioni da fare sono queste:
Premesso che è buona norma non intrattenere rapporti telefonici con le società di recupero crediti e con i loro agenti esattoriali, di seguito si illustra come interagire correttamente con chi notifica (raccomandata AR) un’ingiunzione di pagamento, intimandoci di provvedere al saldo del dovuto. Va preparata, in sostanza, una risposta da inviare, anch’essa, con raccomandata  A/R.

La lettera di cessione del credito
Il debitore ha diritto ad essere informato dell’avvenuto trasferimento del credito per comprendere a quale soggetto deve corrisponderlo.

Con la formula “pro solvendo” viene dato mandato alla società di recupero crediti di operare per conto della cedente con provvigioni sul recuperato. In caso di cessione con opzione “pro soluto”, invece, la società di recupero crediti cessionaria subentra in ogni diritto al creditore originario in relazione al credito ceduto, inclusi privilegi, garanzie reali e personali fornite dal debitore.
L’obbligo di informativa deve essere assolto dalla società cessionaria (quella che ha acquisito il credito) con riguardo ad ogni debitore, “alla prima occasione utile” che coincide con la prima comunicazione che la cessionaria – o chi agisce su suo mandato – invia al debitore.
Spesso il credito viene ceduto più volte. Nella filiera delle cessioni, tutte le comunicazioni devono essere state inviate al debitore con raccomandata A/R.
Se ne manca solo una, il debitore non è in grado di ricostruire la catena e quindi non può stabilire qual è la società cessionaria che è legittimata a ricevere l’adempimento della sua originaria obbligazione. Non è un dettaglio questo.
L’ultima società cessionaria deve dunque farsi carico di dimostrare al debitore di essere legittimata a riscuotere il credito, fornendogli copia (preferibilmente conforme all’originale) delle lettere di cessione precedenti (che devono costituire, è bene ricordarlo, parte integrante del fascicolo del debitore acquisito).
Pertanto, il debitore deve sempre richiedere, tramite comunicazione A/R, che la società cessionaria fornisca gli attestati della titolarità del credito vantato.
In mancanza di tali adempimenti, formalmente richiesti dal debitore alla società cessionaria, nessun giudice emetterà un decreto ingiuntivo nei confronti del debitore. Il debitore è, per contro, motivato a non adempiere alle proprie obbligazioni fin quando non viene posto in condizione di riconoscere, con il supporto di documentazione “legale”, chi è il legittimo titolare del credito dopo le intervenute cessioni.
In conclusione, l’ultima società cessionaria deve fornire al debitore copia conforme delle precedenti lettere di cessione del credito. Questo non costituisce assolutamente un problema per la quasi totalità delle società di recupero crediti che sempre (o quasi) provvedono al trasferimento non solo del credito ma anche, come previsto dalla legge, di tutta la documentazione che certifica l’esistenza del credito stesso.
Il debitore deve poi assicurarsi che l’accordo stragiudiziale sia sottoscritto dalla controparte, prima di effettuare qualsiasi pagamento.
Infatti, il pagamento degli importi pattuiti nell’accordo transattivo a saldo e stralcio deve essere condizionato ad una precedente firma congiunta del debitore e del creditore su due documenti di liberatoria: la liberatoria a garanzia di future pretese e quella da inoltrare alla CRIF (Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria) per ottenere la cancellazione dall’elenco dei cattivi pagatori.

Liberatoria a garanzia di future pretese
In base a tale documento il creditore dichiara di ritenersi pienamente soddisfatto dal rimborso concordato a saldo e stralcio dell’importo originario (indicare sempre gli estremi identificativi del finanziamento oggetto di accordo transattivo nonché le modalità con cui avviene il pagamento) comprensivo di interessi legali e di mora conseguenti al ritardato pagamento del debito e di ogni spesa correlata al recupero del credito.
Il creditore dovrà altresì dichiarare di essere legittimamente titolato alla escussione del debito de quo ed allegare alla liberatoria la lettera di cessione del credito conferita dal creditore originario.
Questa è la liberatoria che garantisce il debitore da future pretese avanzate dal creditore originario e/o dalla stessa società di recupero crediti cessionaria o da altre società di recupero a cui potrebbe essere nuovamente venduto il debito. Capita spesso che “per distrazione” le società di recupero crediti cedano ad altre un credito già escusso.
Nella liberatoria si deve far  riferimento ad un pagamento con accordo transattivo a saldo e stralcio sia del debito pregresso che degli interessi legali e di mora e delle spese di esazione. In questo modo evitiamo che domani qualcuno ci possa citare in tribunale per ottenere i danni derivanti dal ritardato pagamento del debito.

Liberatoria da inoltrare alla CRIF
Se noi inviassimo il documento di cui al punto precedente per ottenere la cancellazione della segnalazione che ci riguarda dalla Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria (CRIF) tale cancellazione verrebbe effettuata solo dopo tre anni a partire dalla data del documento.
Si tratterebbe infatti dell’attestazione del pagamento di un debito con sofferenze e morosità, sanate solo parzialmente e bisognerebbe attendere tre anni per poter richiedere e pretendere la cancellazione della segnalazione relativa al proprio nominativo, avendone acquisito il diritto. Come si evince dallo sche più volte riproposto per i cattivi pagatori.

Inoltre, c’è da aggiungere che alla CRIF non cancellano mai il debitore, se nella liberatoria si accenna ad una soluzione di concordato transattivo. La ragione è che CRIF cerca comunque di mantenere traccia, nell’archivio EURISC, dei debitori che non hanno saldato l’intero debito, pur se il contenzioso con il creditore ha avuto termine.
E’ necessario dunque ottenere una liberatoria da parte del creditore in cui non si faccia alcun riferimento al tipo di accordo a saldo e stralcio, ma solo alla regolarizzazione del pagamento del debito.
In pratica, nella seconda liberatoria, dovrà essere sancito che il debitore ha regolarizzato tutte le pendenze relative al credito erogato al debitore, senza alcun riferimento alle modalità con cui ciò è avvenuto. Modalità che è necessario invece descrivere nel documento di “liberatoria a garanzia di future pretese” per evitare che ci vengano reiterate, negli anni a venire, ulteriori richieste di pagamento.

L’estratto conto cronologico
Parlando in termini strettamente giuridici gli interessi sono una particolare obbligazione accessoria di tipo pecuniario che si aggiunge ad una obbligazione detta invece principale.
Quando una società o un istituto di credito erogano un finanziamento, la somma che deve essere restituita al termine del periodo concordato è l’obbligazione pecuniaria principale mentre le somme che contrattualmente devono essere corrisposte come ‘costò del prestito effettuato, e cioè gli interessi, costituiscono l’obbligazione pecuniaria accessoria.
Gli interessi si dividono essenzialmente nelle seguenti tipologie:
1. Interessi Legali – il tasso di interesse legale è fissato dal legislatore, ovvero il Ministro del Tesoro, con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
2. Interessi Convenzionali – Il tasso di interesse convenzionale viene fissato contrattualmente dalle parti. La determinazione del tasso, se superiore a quello legale, deve essere stabilita per iscritto; in caso contrario gli interessi sono dovuti nella misura fissata dalla legge (art. 1284 c.c., terzo comma).
3. Interessi Moratori – Sono interessi dovuti dal debitore in ritardo nel pagamento del proprio debito (debitore in mora). Costituiscono una sorta di risarcimento del danno causato dal ritardato pagamento e pertanto devono essere corrisposti anche se non previsti contrattualmente. Se, prima della messa in mora, erano dovuti interessi ad un tasso convenzionale gli interessi moratori devono essere calcolati nella stessa misura.
E’ evidente che l’importo che il debitore deve corrispondere all’ultima società cessionaria, per la intervenuta applicazione di interessi legali, eventualmente convenzionali (se previsti dal contratto), e moratori si discosta, di solito, sensibilmente da quello che era il debito originario.
Il debitore deve essere messo allora nella condizione di verificare che nella formazione dell’importo richiesto a saldo del credito vantato, le società cessionarie intervenute nel tempo abbiano applicato gli interessi in maniera corretta. Ciò è possibile solo nel momento in cui la società cessionaria fornisce un estratto cronologico di conto (come quello bancario per intenderci) dal quale sia possibile evincere gli interessi legali, convenzionali e moratori ed i montanti a cui i tassi sono stati applicati nel tempo.
In passato abbiamo spesso assistito a casi in cui al debito originario sono stati applicati tassi di interesse moratori usurari. Una eventuale perizia di parte (esistono consulenti che svolgono questo tipo di servizio) accerterà, analizzando l’estratto conto cronologico, che:
a) non siano stati implementati meccanismi di anatocismo (gli interessi su interessi vietati per legge);
b) gli interessi moratori applicati non abbiano superato la fatidica soglia dei tassi di usura fissata dalla Banca di Italia in ciascun periodo di competenza (aspetto di rilevanza penale );
c) non siano rilevabili errori materiali di calcolo (come a tutti, per carità, può accadere).
Potrebbe valere la pena di effettuare una perizia, nonostante l’ulteriore costo.  Le società di recupero crediti – nate come funghi negli ultimi anni – applicano gli interessi moratori con eccessiva disinvoltura né sono dotate di strumenti software e di “know how” per poter valutare l’eventuale  superamento della soglia variabile di usura fissata da Bankitalia in relazione ai vari periodi temporali (si tenga anche  conto che potrebbe essere stata anche la società cedente ad avere commesso “errori” nel calcolo) .  D’altra parte la richiesta  di interessi moratori con l’applicazione di tassi usurari potrebbe significare per il debitore l’”abbuono del debito” (oltre al risarcimento del danno) a meno che l’amministratore della società di recupero o l’esattore che ha curato la pratica non preferiscano affrontare le conseguenze di una denuncia penale per usura!

La “messa in mora del creditore” – Le comunicazioni da inviare con raccomandata A/R
I diritti a cui abbiamo fatto riferimento nei paragrafi precedenti, tuttavia, non vanno reclamati per telefono. Il debitore deve inviare quanto prima una comunicazione con raccomandata AR alla società di recupero crediti che cerca di estorcere importi non dovuti, o dovuti ma senza dare prova al debitore delle garanzie a cui ha diritto.
Insomma, il debitore deve essere sicuro di trattare con una società legittimata a riscuotere il credito, e ciò si ottiene prendendo visione della lettera di cessione del credito.
Deve inoltre essere messo in condizione di prendere visione della documentazione che certifica l’esistenza del credito stesso, ovvero di una copia del contratto originario di finanziamento.
Perché è necessaria una comunicazione scritta? Perché se un domani la società di recupero crediti decide di adire le vie legali per la riscossione del credito, il debitore potrà facilmente difendersi opponendosi al decreto ingiuntivo.

Ed allora, attrezziamoci con carta e penna
“Spettabile società,
scrivo in riferimento alla vostra comunicazione del novembre ultimo scorso, inerente il recupero di un presunto credito da voi vantato nei miei confronti.
Dichiaro fin d’ora la mia piena disponibilità ad onorare tutte le eventuali obbligazioni assunte.
Pertanto, allo scopo di consentire allo scrivente di rientrare, al più presto possibile, dalla esposizione debitoria che voi asserite essere stata maturata, vi invito ad inviare all’indirizzo in epigrafe ed a mie spese, la seguente documentazione:
1) lettera di cessione del credito;
2) contratto originario di finanziamento;
3) estratto conto cronologico;
Distinti saluti”
E veniamo adesso alle modalità di pagamento.

Il concordato
L’importo da corrispondere a fronte di una transazione che chiude il contenzioso con il creditore, è sempre frutto di valutazioni, di convenienza ed opportunità strettamente personali.
Appena qualche mese fa sulle pagine di Repubblica, Eugenio Scalfari scriveva a proposito dei concordati:
“Si parla di concordato quando un creditore si trova di fronte ad un credito pressoché inesigibile. Invece di perdere tutto propone un concordato al debitore. Un tempo il concordato si faceva intorno al 50 per cento del valore. Coi tempi che corrono il livello è sceso vertiginosamente: siamo in media intorno al 20 per cento, con punte al ribasso che arrivano fino al 7 per cento. I creditori, anziché perder tutto, accettano …”.
Dunque un accordo transattivo, oggi, non è conveniente per il debitore se si chiude su una cifra superiore al 20% del debito originario.

Non firmare mai  cambiali (o assegni post datati)
Il debitore che accetta di emettere cambiali a beneficio del creditore è un pò come il condannato all’impiccagione che prepara il cappio al boia.
Alcune società di recupero crediti propongono, all’accettazione del debitore, un accordo transattivo che prevede una ipotesi a saldo e stralcio delle posizioni debitorie pregresse, con un abbattimento degli importi a capitale e una riduzione degli interessi maturati.
All’accordo transattivo si aggiunge, non di rado, un piano di rientro del debito basato su una rimodulazione degli importi e delle scadenze convenute nel contratto originario.
Si tratta, in pratica, di un piano di rateazione tipico di una operazione di consolidamento dell’esposizione debitoria: rate di importo più contenuto a fronte di un periodo di ammortamento di durata maggiore.
Ecco, dunque, pronto il piano di rientro a saldo e stralcio dei debiti pregressi. è a questo punto che, il più delle volte, viene servita la polpetta avvelenata.
Si propone, cioè, l’accettazione del “vantaggioso” accordo subordinandolo alla sola condizione che il debitore emetta cambiali, a beneficio della società di recupero crediti, in numero, importo e scadenze temporali che ricalcano quanto previsto nel piano di rientro a saldo e stralcio dei debiti pregressi.

Perchè per la società di recupero crediti è di vitale importanza l’emissione di cambiali da parte del debitore?
Per comprendere lo spiccato tropismo delle società di recupero crediti verso la cambiale (o assegni post datati, peraltro vietati dalla legge) bisogna esaminare l’aspetto che maggiormente interessa la società di recupero crediti.
Cosa vuol dire che la cambiale è un titolo esecutivo? Vuol dire che nel caso in cui, per una qualsiasi motivazione, non siete più in grado di pagare le rate dell’accordo a saldo e stralcio (cioè le cambiali) la società di recupero crediti non deve necessariamente chiedere al giudice un decreto ingiuntivo, ma può procedere al pignoramento di beni mobili ed immobili del debitore con un semplice precetto.

La differenza fra le due diverse procedure giudiziali (decreto ingiuntivo+precetto e precetto)possiamo valutarla da soli  esaminando l’immagine seguente:



Tenendo in conto che per ottenere un decreto ingiuntivo sono necessari tempi mediamente lunghi e comunque non certi (oltre a spese legali non trascurabili) e considerato che il debitore al decreto ingiuntivo si può opporre, si capisce perchè le società di recupero crediti propongano l’emissione di cambiali al debitore.
Una motivazione ampiamente sufficiente acchè i debitori non firmino mai cambiali a beneficio delle società di recupero crediti.
Per gli assegni post datati la questione è ancora più “spinosa”, se possibile, per il debitore.
La legge, infatti, vieta espressamente l’emissione di assegni bancari postdatati e prevede, qualora venga indicata una data posteriore a quella di effettiva emissione, l’applicabilità del bollo delle cambiali (12 per mille) e delle sanzioni previste dal d.p.r. 642/1972, art.25 (da 20 a 50 volte l’imposta non corrisposta).
Le sanzioni sono comminate dall’Ufficio del Registro (presso l’Agenzia delle Entrate) a carico di chi ha emesso l’assegno e dietro segnalazione della banca che riceve il titolo prima della scadenza, stante l’obbligo a suo carico di pagarlo nel caso vi sia la copertura (l’assegno, pur se postdatato, conserva la sua validità di mezzo di pagamento).
Nel caso in cui l’assegno risulti invece scoperto, la regolarizzazione (ovvero il pagamento del bollo e delle sanzioni) è necessaria per poter dare al titolo efficacia esecutiva e per poterlo protestare. Alla regolarizzazione può procedere lo stesso portatore/beneficiario (il creditore) recandosi presso l’Agenzia delle entrate. Con le successive azioni esecutive questi potrà poi rivalersi sul debitore.
Inoltre l’articolo 31 prescrive: “L’assegno bancario è pagabile a vista. Ogni contraria disposizione si ha per non scritta. L’assegno bancario presentato al pagamento prima del giorno indicato come data di emissione è pagabile nel giorno di presentazione”.
L’esperienza ci racconta di frequenti casi in cui le società di recupero crediti hanno presentato all’incasso gli assegni postdatati, dopo il mancato pagamento di una o più rate previste nell’accordo transattivo con il debitore. Esponendo il debitore a pesanti sanzioni amministrative ed al protesto.

Se non si raggiunge un accordo?
Il creditore deve notificare al debitore la richiesta di decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo è un provvedimento con il quale un giudice ordina a un soggetto di adempiere agli obblighi assunti (per esempio pagare) dettando un termine trascorso il quale possono scattare azioni esecutive come l’iscrizione di ipoteca, il pignoramento, etc.
Se il giudice ritiene fondata la richiesta (esaminando le sole carte prodotte dal creditore)  ingiungerà – con decreto motivato emesso entro 30 giorni dalla richiesta – di pagare la somma dovuta entro 40 giorni dalla notifica, facendo presente che nello stesso termine potrà presentare ricorso allo stesso tribunale, e che in assenza di pagamento o di opposizione, provvederà all’esecuzione forzata (pignoramento).
E’ in questa fase che con l’aiuto di un avvocato bisogna opporsi e presentare al giudice una memoria.
Ecco signor giudice, in questa data comunicai al mio presunto creditore di essere disposto a pagare il dovuto, se dovuto.
Ho qui la ricevuta della raccomandata. Chiesi solo, come la legge ed il buon senso prevedono, di:
a) prendere visione della/e lettera/e di cessione del credito;
b) avere copia del contratto di finanziamento originario, posto a base del presunto credito vantato;
c) avere informazioni, attraverso un estratto conto analitico, dei debiti imputati a mio carico, delle spese di riscossione applicate, dei tassi di mora praticati ecc..;
d) formalizzare un contratto – su carta e non concluso attraverso una telefonata – regolarmente sottoscritto da entrambe le parti (creditore e debitore);
e) ottenere l’impegno e la garanzia, da parte del creditore, sul rilascio, a debito escusso, della liberatoria che mi consentisse poi procedere alla cancellazione del mio nominativo dagli elenchi dei cattivi pagatori.
A questa mia non c’è stata alcuna risposta se non la notifica di una richiesta di decreto ingiuntivo da parte del creditore.
E se non riesco a pagare quanto pattuito nell’accordo transattivo?
Il contenzioso in materia di contratti bancari e/o finanziari è problema di grande rilievo e tale da costituire gran parte della materia sottoposta all’esame delle Autorità giudiziarie. Non sempre, però, può risultare premiante per il creditore adire l’Autorità Giudiziaria per il recupero del credito; sia per la nota lungaggine del processo civile, sia per il grado di aleatorietà che comporta ogni causa.
La transazione è uno dei rimedi stragiudiziali che si è fatto strada in questi ultimi anni. Un accordo transattivo è un contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra di loro.
La lite che la transazione mira a comporre, può essere sia giudiziale che stragiudiziale: il che comporta che lo strumento transattivo possa essere utilizzato anche quando la situazione debitoria sia talmente grave da aver indotto il creditore ad adottare iniziative di carattere giudiziario.
La lite termina attraverso la transazione a seguito di reciproche concessioni che le parti si fanno. La gestione del recupero dei crediti comporta infatti spesso la necessità per il creditore od il suo legale di andare incontro alle necessità ed alle richieste del cliente insolvente per concordare, in via bonaria, il rientro del debito.
Quando la transazione sollecitata dal debitore e/o proposta dal creditore prevede non solo una dilazione temporale del piano di rientro, ma anche un accordo a saldo e stralcio con modifica sostanziale dell’importo del capitale e/o degli interessi maturati (sul capitale e moratori) rispetto al contratto originario, siamo in presenza, senza alcun dubbio, di una nuova fattispecie contrattuale: il contratto di novazione, appunto.
Una volta stipulata una transazione novativa, non è più possibile, per il creditore, il ripristino della situazione giuridica preesistente alla transazione.  Anche in presenza, nell’accordo transattivo, di un esplicito riferimento all’art. 1976 Cod. Civ., in cui il creditore si riserva la risoluzione del nuovo contratto in caso di ulteriore inadempienza da parte del debitore.
Nè vale, citare esplicitamente nella transazione a saldo e stralcio, che non si è in presenza di una novazione. Resta il fatto che il contratto originario non può essere, in alcun modo, ripristinato quando nel nuovo accordo transattivo intervengano modifiche non accessorie rispetto al contratto originario.
Ed allora, quando il debitore, per le più svariate ragioni, non è in grado di adempiere alla transazione a saldo e stralcio precedentemente sottoscritta, il creditore procede arbitrariamente al ripristino del contratto originario. In pratica capitale, interessi sul capitale ed interessi di mora vengono ricalcolati in base agli importi ed alle scadenza previste nel contratto originario e non , come dovrebbe essere, rispetto agli importi ed alle scadenze concordate nel contratto “novato”. E questo accade anche con la eventuale cessione del credito.
Pertanto, se il debitore è in possesso dell’accordo di transazione a saldo e stralcio firmato per accettazione (proposta di abbattimento del capitale e degli interessi) le pretese della società di recupero crediti (quella che ha sottoscritto la novazione ovvero la società di recupero che eventualmente subentra con la cessione del credito) possono essere agevolmente contrastate in sede giudiziaria.
Rappresentando l’accordo a saldo e stralcio delle posizioni debitorie pregresse un contratto di novazione in piena regola – dal momento che, rispetto al contratto originario, non vengono effettuate solo modifiche accessorie (come potrebbero essere quelle riguardanti un piano di rateazione con tempi di rientro dal debito diversi dalle scadenze previste nel contratto originario) – il ripristino surrettizio del contratto originario (anche in presenza di un esplicito riferimento all’eventuale inadempienza del debitore nell’accordo transattivo di rientro e di saldo e stralcio delle posizioni debitorie pregresse) è illegittimo, così come sancito da numerose pronunce in Cassazione (tra le altre vedasi: Cass. 23/02/2006 n. 4008 ? Cass. 13/12/2005 n. 27448 ? Cass. 29/04/2005 n. 8983 ? Cass. 19/05/2003 n. 7830).

Adusbef.

sabato 19 novembre 2011

Difendersi dagli esattori di recupero crediti







Eccovi alcune informazioni utili in caso veniste contattati da Agenzie di Recupero crediti:

Sappiate che:


Gli esattori non possono:

               usare o minacciare l’uso della forza contro di voi, un vostro familiare o altra persona a voi legata;
               danneggiare o minacciare di danneggiare beni di vostra proprietà;
               bloccare l’accesso a casa vostra o bloccare il vostro passaggio;
               entrare in casa vostra se avete negato il permesso o rifiutarsi di andarsene quando chiedete loro di farlo.


Esattori recupero crediti – Contatto irragionevole, esercizio abusivo delle proprie ragioni, atti vessatori

Gli esattori non possono:
               urlare o usare linguaggio offensivo nei vostri confronti;
               usare linguaggio osceno o razzista o fare commenti personali o degradanti;
               contattarvi con frequenza superiore al dovuto o in orari irragionevoli. Ad esempio, è inaccettabile continuare a telefonarvi senza sosta o in orari irragionevoli come metodo per demoralizzarvi o sfibrarvi;
               effettuare altri contatti continui o compiere altre azioni di disturbo irragionevoli.

Esattori recupero crediti – Imbarazzo o intimidazione tramite altre persone

Gli esattori non possono:
               minacciare o molestare il vostro coniuge, partner, familiare o altra persona a voi legata;
               effettuare un contatto non autorizzato con un minore di anni 18;
               parlare ad altri della vostra situazione (tra cui familiari, vicini di casa o colleghi di lavoro);
      tenere una condotta che attira l’attenzione del pubblico alla vostra situazione(es. inviare lettere aperte ad una casella postale in comune, lasciare messaggi che altri possono ascoltare (*), far sapere ai vostri colleghi di lavoro la loro identità o lo scopo del loro incarico.

(*) Attenzione quindi.
     In breve NON possono lasciarvi messaggi nemmeno in segreteria telefonica!


Esattori recupero crediti – Dichiarazioni e/o comportamenti falsi o ingannevoli

Gli esattori non possono:
               rilasciare dichiarazioni in merito alle somme da voi dovute o allo stato del vostro debito;
               contattare il vostro coniuge o partner se non sono garanti o fideiussori del vostro debito;
               rilasciare false dichiarazioni in merito a ciò che accadrà se il debito non viene estinto o a ciò che l’esattore intende fare. Ad esempio:
– dire che il mancato pagamento dei debiti è un illecito penale con possibilità di denuncia alla polizia o di pene detentive (avere debiti non è un reato!)
– dire che possono portarvi via i figli (ciò è completamente falso);
– dire che verrete subito dichiarati falliti, anche se non vi è un provvedimento del giudice o il procedimento per la dichiarazione di fallimento non è nemmeno stato intrapreso;
– dire che i vostri beni (es. automobile) verranno pignorati e venduti, anche se non vi sono gravami sui beni né un provvedimento del giudice (se vi è un gravame sui beni, di solito dovete ricevere un preavviso di 30 giorni prima di dover pagare);
– dire che il vostro stipendio verrà pignorato, anche se non si è ottenuto un provvedimento del giudice in tal senso;
– dire che il vostro merito creditizio verrà danneggiato, se ciò non risponde a verità (le leggi in materia di privacy limitano il tipo di informazioni che un Sistema di Informazioni Creditizie (SIC) può conservare, il tempo che tali dati possono essere conservati e chi può avere accesso a tali dati;
               usare altri mezzi o azioni ingannevoli, ad esempio:
– inviare lettere di intimazione di pagamento redatte in modo da sembrare atti giudiziali;
– fingere di essere un legale, o di agire per conto di un tribunale.
Inoltre come recita il codice deontologico UNIREC (la principale associazione fra società di recupero crediti) gli esattori sono tenuti, fra l’altro, a:
1. non fare comunicazioni scritte (materiale informativo, pubblicitario, mailing ed altro) e/o dichiarazioni verbali che possano trarre in inganno sul significato di esattore e/o indurre aspettative nel cliente/mandante non rispondenti alla realtà;
2. non compiere azioni lesive, di qualsiasi natura, nei confronti dell’immagine e/o interessi delle aziende/enti mandanti e/o creditori;
3. soddisfare gli impegni presi con lettera d’incarico/mandato, attenendosi con scrupolo alle norme del codice civile relative al mandato e alla diligenza del mandatario;
4. comportarsi in modo scrupolosamente leale ed indipendente da condizionamenti di qualsiasi natura che possano influenzare il proprio operato nei confronti del debitore;
5. non accettare parcelle, omaggi o favori di qualsiasi natura da parte del debitore; controllare, inoltre, che il personale, di cui si è eventualmente responsabili, non compia azioni di questo tipo;
6. tenere nei confronti del debitore una condotta ferma e determinata, senza mai sfociare in atteggiamenti vessatori, insolenti e/o inutilmente petulanti. Non esercitare pressioni indebite o minacce nei confronti del debitore, al fine di indurlo al pagamento;
7. presentarsi al debitore con discrezione e con cura nell’aspetto esteriore, avendo il massimo rispetto delle persone contattate e della loro vita privata;
8. fornire esaurienti chiarimenti sulle singole voci dell’ammontare complessivo dovuto (inclusi interessi e spese di recupero), informando il debitore delle possibili conseguenze legali dell’eventuale inadempimento;
9. non richiedere il pagamento di somme ulteriori rispetto a quelle indicate dalla Società di recupero;
10. non qualificarsi in nessun caso con titoli, qualifiche, incarichi e/o funzioni non veritiere;
11. svolgere attività come da mandato ricevuto, con lealtà, correttezza, nella massima riservatezza e segretezza professionale, con divieto assoluto di divulgare, anche parzialmente a chicchessia e/o per qualsiasi motivo, le notizie e le informazioni sia rilevate dalla pratica affidata, sia assunte eventualmente nel corso del recupero del credito;
12. rispettare tutte le leggi vigenti, con particolare riferimento alle normative riguardanti il recupero crediti, la privacy, l’incoercibilità psichica e fisica personale, l’inviolabilità del domicilio.

Adusbef.

Informazioni Utili: Società Estesa Limited. TRUFFA!

Informazioni Utili: Società Estesa Limited. TRUFFA!: La registrazione al sito diventa un contratto. Raggirati migliaia di cittadini italiani. Protagonista della vicenda la Estesa Limited, soc...

Società Estesa Limited. TRUFFA!

La registrazione al sito diventa un contratto.
Raggirati migliaia di cittadini italiani.

Protagonista della vicenda la Estesa Limited, società che gestisce il sito italia-programmi.net, dal quale è possibile effettuare download di software comuni. Nonostante l'intervento dell'Antitrust e l'interessamento delle forze dell'ordine, le segnalazioni degli utenti si sono moltiplicate. 'Colpito' anche il Garante Antonio Catricalà
La home page del sito sotto accusa
Sembra una semplice registrazione a un sito internet. Come se ne fanno tantissime ogni giorno. E invece è un contratto a pagamento. Novantasei euro all’anno per l’esattezza, da corrispondere in anticipo. A effettuare l’abile raggiro è la Estesa Limited, società che gestisce il sito italia-programmi.net, dal quale è possibile effettuare download di software comuni. A cadere nella trappola, migliaia di cittadini che hanno segnalato, guidati dall’associazione di consumatori Aduc, il fatto all’Antitrust. Il quale già dalla fine di agosto ha ordinato alla società di cessare l’invio di solleciti di pagamento agli utenti che avevano involontariamente sottoscritto il contratto. Ed ha anche investito della vicenda la Polizia Postale, la Procura della Repubblica e la Guardia di Finanza. A quanto pare, senza ottenere risultati, perché negli ultimi mesi le denunce dei cittadini raggirati, anziché diminuire, si sono moltiplicate esponenzialmente.
Il metodo attuato dalla Estesa Limited, società con sede alle Seychelles, è ben descritto nel provvedimento punitivo adottato dall’antitrust. Gli utenti finiscono nel sito dopo aver digitato suGoogle il nome del software che intendevano scaricare accanto alla parola ‘gratis’. Qui, viene loro richiesto di compilare il modulo con i dati personali. “L’indicazione dell’onerosità – si legge sulla delibera del garante – è indicata, nella pagina di registrazione, in caratteri molto piccoli sulla destra dello schermo e poco visibili essendo in colore grigio chiaro su fondo bianco”. Allo stesso tempo, al cliente si chiede di accettare le “condizioni generali di vendita”, che riportano l’indicazione della natura onerosa del contratto. Peccato che il link corrispondente riporti solo l’acronimo “CGV”, contribuendo alla confusione mentale già creata nel cliente.
Subito dopo questo passaggio, il cliente riceve una mail con i dati utili per effettuare il login. Una mail che non contiene il benché minimo riferimento alla stipula di un contratto a pagamento. Ma che, allo stesso tempo, fa partire i dieci giorni utili ad esercitare il diritto di recesso dal contratto. Del quale, ovviamente, non si avvale quasi nessuno, in quanto pochissimi se ne accorgono. Ed è in questo momento che parte la seconda fase della pratica commerciale scorretta (così l’ha definita l’Antitrust). Il cliente è sommerso di solleciti di pagamento. Minacciando da subito le vie legali. Per semplificare: o paghi subito o finisci dal giudice. Insomma, un bombardamento psicologico che, secondo il Garante, induce anche chi è convinto di non aver voluto stipulare il contratto a pagare per evitare l’esborso di inquantificabili maggiori spese. Ed infine, ciliegina sulla torta, la società minaccia persino di adire la magistratura penale. Cosa del tutto impossibile, perché il mancato pagamento di un credito non è reato, ma solo inadempimento contrattuale, impugnabile al massimo dinanzi al giudice civile.
Una procedura quindi che, secondo il Garante, viola quattro articoli del Codice del Consumo, sia per i “profili di ingannevolezza” che assume la fase di stipula che per “l’aggressività” delle condotte con la quale la Estesa sollecita il pagamento. Per questo l’autorità ha ordinato ai gestori del sito di non pubblicizzare i loro prodotti su Google Adwords, di rendere graficamente più chiaro il fatto che si tratti di servizi a pagamento e soprattutto di cessare l’attività di solleciti per gli utenti che si dichiarano ignari della natura onerosa della registrazione. Prescrizioni solo in minima parte rispettate dalla Estesa, che oltretutto non ha presentato memorie difensive nell’ambito del procedimento amministrativo e, a quanto pare, non ha nemmeno voluto impugnare al Tar Lazio il provvedimento.
Si legge sul sito ufficiale dell’Aduc, ad esempio, che le modifiche che esplicitano sul sito il costo del servizio operano solo “in orario lavorativo e non di sera, quando gli uffici dell’Antitrust sono chiusi”. E soprattutto, l’invio di fatture e solleciti è proseguito senza freni. Alcune settimane fa, è stato addirittura lo stesso presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà a riceverlo. Tanto che lo stesso ha pensato di segnalare la vicenda a Striscia la Notizia, che ha realizzato un servizio trasmesso nella puntata dello scorso 15 ottobre.
Nulla di fatto. La Estesa non demorde, i cittadini continuano a denunciare all’Autorità. Che non può far altro che trasmettere comunicati nei quali ricorda che i solleciti di pagamento sono inviati “in palese violazione della delibera adottata il 25 agosto”. Non è infatti nelle competenze del Garante dire ai raggirati se pagare o meno la fattura ricevuta. A quello però ci pensa l’Aduc, che tranquillizza tutti, consigliando di ignorare ogni richiesta di pagamento. Un po’ più complicato sarà, per quelli che in preda al panico hanno eseguito il pagamento, recuperare le somme. Non sarà facile rintracciare una società che pur operando in Italia, si rintana dietro una sede alle Seychelles.

Si ringrazia la fonte:  ilfattoquotidiano.it

Info qui:

http://www.aduc.it/comunicato/italia+programmi+net+consigli+aduc+consumatori_19198.php